ANNI DAL 640 al 752 GIOVANNI IV, dalmato (640-642) Figlio dello scolastico ( nda: insegnante. In particolar modo della dottrina di Cristo) e dalmata Venanzio. Egli stesso diacono cattolico, fu consacrato pontefice il 24 dicembre del 640. Finalmente, dopo quasi cinque mesi di vacatio la cattedra del “vescovo di Roma” fu nuovamente occupata. Infatti, l’imperatore Eraclio dopo aver ricondotto a se stesso l’ assenso alla nomina papale se ne guardò bene dal dissentire sulle decisioni di Roma, anche perchè nel frattempo Sergio, patriarca di Bisanzio e fautore dell’ ectesi promulgata dallo stesso imperatore era morto. Il suo successore Pirro tentò quella stessa strada ma probabilmente non ebbe lo stesso carisma del suo predecessore. In effetti Eraclio, imperatore d’ oriente, lasciò cadere nel nulla il suo editto che imponeva la nuova eresia monotelita, con la conseguente sconfessione di Pirro. Alla morte di Eraclio, il trono successe a Eraclio II che dopo pochi mesi fu assassinato ( 641), così come accadde a Costantino III, anch’egli assassinato dopo poche settimane dal suo insediamento. Infine il trono sempre tra il 641 ed 642 passò a Costante II. Quest’ultimo imperatore consapevole dell’ inutilità delle lotte intestine tra società appartenenti alla stessa fede, letti gli accorati appelli di Giovanni IV, fece ritirare l’editto dell’ ectesi. Ma Giovanni IV, oltre ad essere stato attento agli argini dell’ ortodossia cattolica promosse l’ evangelizzazione dei popoli slavi e dalmati. A Salona, cittadina a circa 5 km da Spalato, probabilmente sua cittadina natale, ancor oggi si possono ammirare i mosaici di San Venanzio e nel catino della cappella di San Giovanni la raffigurazione dei papi Giovanni IV e del suo Successore Teodoro I che ultimò i lavori. I longobardi, in quel periodo non diedero più di tante preoccupazioni all’ urbe, anche se sulle rive del fiume Scoltenna , odierno Panaro morirono circa ottomila soldati greci, ingaggiati dall’esarca di Ravenna. Giovanni IV morì il 12 ottobre del 642 e fu sepolto nel cimitero di San Pietro. TEODORO I, di Gerusalemme (642-649) Nato da famiglia di origine greca, il padre fu vescovo di Gerusalemme. La sua elezione fu espressamente voluta dall’esarca Isacco e la sua consacrazione avvenne il 24 novembre del 642. Nel frattempo Pirro, cosmopolita di Bisanzio fu costretto all’esilio e con lui l’eresia monotelita infatti Costante II, succeduto a Costantino III fu più propenso alla teologia della Chiesa romana, piuttosto che a quelle della Chiesa orientale ed il patriarcato, in virtù dei poteri imperiali fu assegnato al vescovo Paolo. Pirro però non si diede per vinto e tentò in un primo momento di convincere il pontefice, durante una sua visita a Roma, tanto che Teodoro I chiese spiegazioni dell’esilio del ex patriarca al nuovo patriarca Paolo. Ma le comunicazioni del tempo seppur lente, travalicarono anche il temporeggiamento cosichè l’impaziente Pirro decise di recarsi direttamente dall’esarca di Ravenna. Teodoro I capì allora l’inghippo e dopo aver convocato un concilio in San Pietro fece scomunicare sia Pirro che Paolo il quale, diversamente da come si era presentato all’imperatore, quale sostenitore della teologia cattolica stava invece propagandando la fede monotelista. Le diverse opinioni in tema teologico fecero sicuramente “tremare i polsi” all’ imperatore ed al suo esarca Isacco di Ravenna anche perchè ad approffitare della situazione fu proprio Rotari , re dei longobardii il quale, nel 643 promulgò l’ editto ( nda: detto appunto di Rotari) che definì l’assetto politico della penisola italica. L’impero d’oriente non trovò di meglio che condannare e ritirare il famoso editto dell’ ectesi , sostituendolo però in maniera bizantina con un’altro editto definito Typus . Quest’ultimo atto, in buona sostanza, se da una parte abiurava il precedente, dall’altra impediva il papa ad esprimere una propria opinione in materia teologica che dissentisse dal volere imperiale. In altri termini: ” la toppa fu peggiore della lacerazione”. Teodoro però non vide la promulgazione di quest’ultimo editto, si spense il 14 maggio del 649 e fu sepolto in San Pietro. MARTINO I, di Todi (649-655) Nato intorno al 590 a Todi , ora provincia di Perugia, già nunzio apostolico in Costantinopoli, il diacono Martino fu eletto papa nel luglio del 649 in regime di “vacatio” dell’ esarcato di Ravenna e senza attendere la nomina imperiale. Ciò fu ritenuta un’aperta sfida alle leggi ed agli editti imperiali. D’altro canto le eresie orientali stavano sempre più lacerando il tessuto cristiano e doveva essere stato sempre più impellente la necessità di una ricucitura o di uno strappo decisivo in maniera tale da non lasciar addito ad interpretazioni diverse da quelle date dagli apostoli, dal suo primo pontefice in poi. Nell’intento di una immediata comunione di intenti , il 5 ottobre dello stesso anno, San Martino indisse un concilio Laterano al quale parteciparono 150 vescovi per discutere dell’ Ektesys Typus e delle sue conseguenze. Il concilio si concluse con la condanna dell’ editto e di conseguenza escluse le volontà imperiali dalle questioni meramente teologali. Nel frattempo Costante II, imperatore d’ oriente aveva inviato nella penisola italica l’esarca Olimpio, con ordini precisi di far sottomettere i vescovi al Typus. Olimpio arrivò a Roma durante il concilio. Non soddisfatto di come fosse stato ricevuto anche perchè Roma si stava dotando di una piccola milizia, l’esarca tentò la strada bizantina per risolvere la questione mediante l’uccisione di Martino, ordinata al suo scudiero, nel mentre gli veniva impartita la comunione, durante la messa celebrata in suo onore. La leggenda vuole che lo scudiero, in procinto di eseguire l’ordine sia rimasto improvvisamente accecato. Olimpio constatati i poteri sovrannaturali del Santo Padre si prorstrò confidandogli gli ordini ricevuti. L’esarca morì successivamente nell’intento di espiare le sue colpe, dopo essersi messo a disposizione della Chiesa e combattendo contro i saraceni che avevano invaso la Trinacria (odierna Sicilia). L’insuccesso di Olimpio non fermò Costante II che inviò a Roma l’esarca Teodoro Calliope con precisi ordini di arrestare il papa. Le truppe di Ravenna entrarono a Roma il 15 giugno del 653 e circondarono il palazzo del Laterano. L’esarca entrò in Chiesa dove, Martino ammalato giaceva davanti all’altar maggiore e con estrema arrogamza ordinò la sua deposizione ed il suo trasferimento a Bisanzio dove avrebbe dovuto essere giudicato per aver disobbedito alle leggi imperiali. La milizia romana fu messa subito a tacere, sia per la rapidità dell’intervento sia perchè il papa non volle alcun spargimento di sangue perchè, pur ben conscio del distino al quale andava incontro, in cuor suo forse sperò fino in fondo di poter convincere anche l’imperatore dell’autonomia della Chiesa romana. Il 19 giugno le navi della flotta bizantina lasciarono la città e fecero vela versa il Levante. Martino fu condotto al cospetto di Costante II il 17 settembre del 654. Nel frattempo Roma, per volere dello stesso imperatore aveva un altro pontefice . Eugenio I. Martino fu subito rinchiuso in carcere, mentre il processo inziò solo tre mesi dopo. L’accusa fu di alto tradimento! Il prefetto Troilo sostenne l’accusa di aver irretito l’esarca Olimpio. Martino sostenne la propria difesa rispondendo: << In Olimpio ho abbracciato il mio nemico redento. Ai saraceni ho dato denaro per quei cristiani abbandonati dall’ imperatore. Come papa ho sostenuto la fede contro il Typus>>. Condannato a morte, Martino subì ogni tipo di ingiuria e di sofferenza, fino ad essere condotto in giro per la città in catene e seminudo, nei rigori dell’inverno, dopo che gli era stato lacerato e tolto e calpestato anche il “pallio” pontificale. Alla fine non fu portato al patibolo ma nuovamente in carcere ed infine inviato in un esilio carcerato a Chersonea di Crimea dove morì di stenti il 16 settembre 655, praticamente abbandonato da tutti ed in particolar modo dal nuovo patriarca eretico Pirro di Costantinopoli. La sua salma fu deposta in un primo momento nel sagrato della chiesa della Vergine di Bacherna e secoli dopo traslata nella chiesa dei SS Silvestro e Martino a Roma. San Martino I veniva festeggiato il 13 aprile, ora assieme a tutti i San Martino il giorno 11 novembre (nda:è emblematico come siano ricordati due Santi dallo stesso nome – San Martino di Tours (316-397) che offrì metà del suo mantello ad un povero tagliandolo con la propria spada – San Martino I al quale venne strappato invece il pallio pontificale. A Venezia per l’ 11 di novembre i fornai vendono, ancor oggi degli enormi biscotti a forma di guerriero a cavallo con tutta la loro finitura costituite da confetti argentati o dorati, la corazza di cioccolata ed il mantello rosso, con accanto dei medaglioni di pasta di di mela cotogna completamente disadorna.) EUGENIO I, romano (654-657) Figlio del romano Ruffiniano fu insediato il 10 agosto del 654, dopo la deportazione di San Martino e prima della morte del suo predecessore. La nomina lo colse quand’era presbitero dell’aventino per espressa volontà dell’imperatore Costante II. In teoria Eugenio avrebbe dovuto rifiutare la nomina dopo quanto accaduto ma lo spirito di sopravvivenza del cattolicesimo suggerì diversamente. E se in un primo momento Eugenio dovette sembrare un fuscello contro le molestie del vento, alla fine si rivelò una quercia. Nel suo pur breve pontificato non solo riconfermò le tesi e gli anatemi dei suoi predecessori ma riuscì a far sconfessare dal conclave dei vescovi e dalla raccolta del popolo le ambigue dottrine inviategli da Pietro che nel 656 succedette a Pirro patriarca d’oriente. Con accanto il popolo ed il sinodo respinse fermamente la Synodica (ovvero l’ambigua professione di fede da parte di Pietro) durante una messa in Santa Maria Maggiore. Probabilmente avrebbe fatto la stessa fine del suo predecessore se la morte non lo avesse colto il 2 giugno 657. Il papa fu sepolto a San Pietro. La sua santificazione avvenne tredici secoli dopo, quando al soglio era salito Pio XII (Eugenio Pacelli), il quale nel celebrare il suo venticinquesimo anno pontificale fece costruire la chiesa di Sant’ Eugenio nel viale delle Belle Arti all’EUR di Roma. La chiesa fu ultimata e solennemente inaugurata nella ricorrenza della morte del Santo mentre correva l’anno 1951. VITALIANO, di Segni (657-672) Nativo di Segni, un centro a circa 60 km da Roma sui monti Lepini settentrionali dove si estraeva e lavorava il calcare. Fu consacrato papa il 30 luglio del 657 a nemmeno due mesi dalla morte del suo predecessore, anche perchè nel frattempo Costante II cambiò la propria linea strategica nei confronti della Chiesa romana. Il cambiamento, solo dal punto di vista teologale, dell’imperatore fu dovuto essenzialmente ai dissapori interni all’impero stesso e scaturiti in particolar modo dopo aver fatto assassinare il fratello Teodosio. Mentre sul piano temporale continuò ad imporre la propria volontà con la forza e tutta la sua bizantina arroganza infatti, in “visita” a Roma nel 663, al papa tolse la diocesi di Ravenna e depredò gli arredi di quasi tutte le chiese, fino ad impadronirsi delle tegole di bronzo dorato del Panteon ( divenuto tempio cristiano). Il buon papa Vitaliano sicuramente non ebbe strumenti per contrapporsi a quella ferocia sul piano militare, potè solo opporre una buona diplomazia. Il 17 luglio, Costante II ed il suo esercito lasciarono l’ urbe e diresse verso la Sicilia e a Siracusa, eresse la sua dimora. Il 1° maggio del 666 inferse un nuovo colpo alla Chiesa romana dichiarando con un editto che a partire dalla stessa data la Chiesa di Ravenna e quindi quella d’ oriente doveva essere considerata autonoma ed indipendente da Quella romana. Nel 668 Costante II trovò la morte per mano di un inserviente di corte, mentre stava facendo il bagno. La rivincita del pontificato romano non si fece attendere e rivoltò le proprie sorti imponendo quale imperatore Costantino IV Pagonato, figlio legittimo di Costante II, in contrapposizione con la volontà dell’ esercito bizantino che aveva già proclamato imperatore il generale Mesecio. Per Vitaliano ed il suo pontificato si aprì un periodo di serenità. Costantino IV, con eterna gratitudine, rivolse le attenzioni del suo esercito alle scorribande saracene, mentre il papa potè dedicarsi al suo magistero, portando in seno a Roma la Chiesa anglosassone che adottò la liturgia cattolica. San Vitaliano si spense il 27 gennaio del 672 e fu sepolto a San Pietro. Viene ricordato il 16 lugli. ADEODATO II, romano (672-676) Non vi sono notizie delle sue origini, viene considerato romano perchè quando fu proclamato papa era l’abate del convento di Sant’Erasmo al Celio. La sua nomina avvenne l’ 11 aprile del 672 ed il suo pontificato fu uno dei più sereni anche se perdurò il distinguo tra Chiesa ravennate e quella romana. Le uniche incerte notizie sono esclusivamenete rivolte a confermare la volontà papale di rendere autonomo il popolo veneziano che da questo pontefice sembra abbia ereditato la faccoltà di eleggere un proprio “dux” o doge, proprio per contrastare l’egemonia orientale a favore dei longobardi. Adeodato II inoltre riuscì a restaurare ed impreziosire il suo ex convento, le cui rovine furono successivamente testimoniate fino al XVI secolo. Adeodato II morì il 17 giugno del 676 e fu sepolto a San Pietro. DONO, romano (676-678) Figlio del romano Maurizio, Dono ( o Domno) salì al soglio pontificio il 2 novembre del 676. Durante questo breve pontificato si sentirono però i benefici della riconoscenza imperiale: Costantino IV Pagonato, infatti, alla rivendicazione di cancellare dai Dittici ( elenco dei vescovi) il nome di San Vitaliano, da parte dell’arcivescovo Teodoro di Ravenna rispose con l’ imperio di sottomissione nei confronti del pontefice e la cancellazione dell’editto di Costante II che volle la Chiesa ravennate separata da quella romana. Fu così sanata temporaneamente una parte delle divergenze tra oriente ed occidente, durante il suo pontificato inoltre furono ultimati i lavori di ampliamento dell’atrio della basilica vaticana e quelli di ricostruzione di quella di Ostia, nuovamente consacrata dopo essere stata semidistrutta e depredata da qualche non meglio precisato esercito. Dono morì l’11 aprile del 678 e fu sepolto a San Pietro. AGATONE, di Palermo (678-681) Di origini palermitane fu consacrato il 26 giugno del 678, la leggenda vuole che avesse 103 anni. Dopo soli due mesi (forse il 12 agosto) ricevette una missiva imperiale nella quale, Costantino Pagonato dichiarò di aver ultimato le operazioni militari contro i saraceni, rimettendo alla volontà del pontefice la propria disponibilità a mediare le questioni teologali tra la Chiesa d’oriente e quella d’occidente. Invitò il papa ad inviare a Costantinopoli una delegazione costitutita dai dodici metropoliti romani, tre nunzi e quattro monaci per confrontarsi con il patriarca di Bisanzio ed i metropoliti orientali. Il 27 marzo 680, Agatone convocò il sinodo in San Giovanni il Laterano, il quale scelse la propria delegazione ed al quale fu successivamente consegnato il testo della dottrina cristiana secondo Roma ed il suo pontefice (che in buona sostanza riprendeva i dogmi di San Martino e del precedente concilio Lateranense). La delegazione romana giunse a Bisanzio il 10 settembre del 680, accolta dal patriarca Giorgio e dalla delegazione orientale. Il 7 novembre in una delle sale del palazzo imperiale definita “trullus” (nda: dal greco Troullos = a forma di cupola) fu tenuta la prima seduta di quella “conferenza” . Il sinodo o conferenza terminò dopo 18 sedute e si concluse con la proclamazione di un editto il 16 settembre 681. L’editto determinò definitivamente la duplice persona di Dio padre e Dio figlio in Cristo, sconfessando le dottrine monofisiste e monotelitiche e determinò inoltre la fine di ogni tributo all’impero d’oriente. La leggenda vuole che sulla pubblica piazza sia stata bruciata la lettera di Onorio I, indirizzata al patriarca Sergio nella quale invece si esprimeva indulgenza nei confronti degli eretici ( rimarrà comunque sempre un’arma valida contro i sostenitori delll’infallibilità del papa). Lo scritto con le conclusioni del sinodo giunse a Roma dopo il trapasso di Agatone che spirò alla veneranda età di 107 anni, il 10 gennaio del 681. Sant’ Agatone viene ricordato nella ricorrenza della sua morte. LEONE II, siciliano (682-683) La delegazione occidentale, inviata da Sant’ Agatone ritornò a Roma solo nel luglio del 682 , pertanto la sede pontificale rimase scoperta per quasi 18 mesi. Il ritardo fu artatamente provocato dallo stesso imperatore che volle assicurarsi la fine definitiva di ogni contestazione teologica. Leone fu proclamato papa il 17 agosto del 682. Nativo della Trinacria, probabilmente di Messina o di Piazza Armerina, egli fu probabilmente il vescovo di San Giovanni in Laterano e direttore della Schola cantorum da egli stesso ideata. Il suo pontificato fu tutto teso a mantenere in piedi l’impianto dell’ ultimo sinodo di Costantinopoli. (nda: diversamente definito come il VI concilio, senza considerare che un concilio non può essere presieduto da una persona diversa dal papa stesso.) Nel mentre istituì il bacio della pace nella formula liturgica e l’aspersione dell’acqua benedetta, oltre a riuscir a restaurare la chiesa di Santa Bibiana e quella di San Giorgio al Velabrum ( Velabrum = pantano). Leone II morì il 3 luglio del 683 e fu sepolto a San Pietro. Durante il regno di Paolo V le sue spoglie furono traslate nella nuova basilica sotto l’altare della Madonna della Colonna. BENEDETTO II, romano (684-685) Dopo undici mesi dalla morte del suo predecessore, il 26 giugno del 684 fu eletto Benedetto II di famiglia romana e presule in Roma stessa. Il suo pontificato durò circa dieci mesi e non fece storia se non per il fatto che l’ imperatore Costantino IV rinunciò alla conferma della nomina papale demandandola nuovamente all’esarca di Ravenna. Il rinnovato patto di alleanza fu contrassegnato dalla “Cresima” di Giustiniano ed Eraclio, figli dell’imperatore, “adottati a distanza” dal pontefice il quale ricevette in cambio due ciocche dei capelli degli stessi bambini. Il pontefice spirò l’ 8 maggio del 685 e le sue spoglie furono tumulate a San Pietro. San Benedetto II viene ricordato l’ 8 maggio. Nel frattempo ad oriente la religione islamica con i califfati stava sovrapponendosi e sostituendo la religione cristiana e l’egemonia dell’impero romano d’oriente. In quel periodo a Costantino IV e quindi a Benedetto II si contrappose il califfato di Damasco sotto l’egida Marwàn I. GIOVANNI V, siro (685-686) Nacque ad Antiochia (nda: nell’ odierna Turchia ai confini con la Siria, allora impero di Bisanzio.), già nunzio apostolico di Santa Romana Chiesa, Giovanni salì al soglio pontificio il 23 luglio del 685, mentre l’impero romano d’oriente si stava via via frantumando come un vaso di coccio tra vasi di bronzo. Giovanni V diede inizio ad una sequela di pontificati brevissimi così come sarà per gli imperatori orientali ed occidentali e così come si avviò il dogato veneziano, uniche vere realtà politiche. Quali siano state le cause ad innescare certi comportamenti umani nessuno lo può dire con certezza. Si possono solo azzardare delle congetture anche perchè gli studi iniziarono solamente decine di secoli dopo, una di queste potrebbe essere una miriade di concause anche eclattanti, ma molto più spesso infinitesimamente piccole, non a caso il Medio Evo è sempre stato considerato uno dei periodi più bui della storia umana. Sicuramente due concause molto importanti furono un eccessivo incremento demografico in conseguenza ai dettami cristiani e quindi una continua volontà di accapparramento nei ceti più alti così come in quelli medi, mentre ai più poveri non rimaneva sempre e solo che lavorare. (nda: basti pensare che la popolazione conosciuta, al tempo dei greci fu stimata in qualche centinaia di migliaia di individui. Al tempo dei romani in qualche decina di milioni, mentre nell’epoca medievale si passò fin da subito a qualche centinaio di milioni.) Giovanni V morì il 2 agosto del 686 e fu sepolto a San Pietro. Il nuovo imperatore Giustiniano II, succeduto al padre Costantino IV Pagonato al nuovo papa scrisse una missiva appellandolo “universalis papa”. La missiva fu consegnata l’anno successivo al suo successore Conone. Dal punto di vista islamico, Califfo di Omeyas (Damasco) iniziò il suo impero Abd El Malik (685-705). CONONE, della Tracia (686-687) L’elezione di Conone fu piuttosto movimentata. La cristiantà romana dopo la morte di Giovanni V si divise ulteriormente quasi a sancire un’eterna diaspora dovuta ad interesse piuttosto che a condivisioni politiche. Conone fu consacrato il 21 ottobre 686. Presule di probabile origine tracia (nda: vastissima regione europea che oggi comprende parte dei balcani l’Ungheria e la Bulgaria) salì il soglio di Pietro nel mentre il mondo conosciuto stava politicamente impazzendo. La riconoscenza imperiale arrivò postuma. Addirittura Conone ricevette quella indirizzata al suo predecessore, segno che l’impero d’oriente sempre più si stava allontanando dalla penisola italica, demandando all’esarca di Ravenna qualsivoglia incombenza. San Conone morì il 21 settembre del 687 e fu sepolto a San Pietro. Il suo nome viene ricordato il 6 marzo SERGIO I, di Palermo (687-701) Nuova diatriba tra i cristiani nell’elezione del proprio pontefice. Nel palazzo del Laterano si insediarono due fazioni contrapposte, una indicata dall’esarca di Ravenna e l’ altra autonomamente costituitasi sulle indicazioni del clero romano. Mentre la prima indicava l’ arcidiacono Pasquale, la seconda promulgava l’arciprete Teodoro. Tra le due contrapposizioni fu eletto un terzo: il “presbitero” ( nda: futura carica ad indicare i cardinali) Sergio, di famiglia siriana residente in Palermo. Il 15 settembre del 687 , dopo aver frequentato la “schola cantorum” di Palermo, dopo aver inseguito la teologia pura e dopo aver lasciato ad altri la custodia della chiesa di Santa Susanna, Sergio fu consacrato papa nella cattedrale di San Pietro in Roma. Nell’anno 688 arrivò a Roma dalla Britannia il re pagano Ceadwalla, sovrano del Wessex chiedendo di diventare cristiano. Il Battesimo fu impartito dal nuovo papa il quale gli impose il nome di Pietro nella basilica del Laterano. Una delle questioni teologiche con la quale si dovette confrontare il nuovo papa fu sicuramente una nuova eresia intrinseca ( nda: per meglio dire una nuova corruzione) ovvero la “simonia”, che si manifestava attraverso l’ aquisto di “qualcosa” , probabilmente amuleti di origine pagana ( nda: o presunte reliquie di santi) , piuttosto che altro, in favore dell’eternità della propria anima. La prima persona a subire le conseguenze dell’ “anti -simonia” fu l’arcidiacono Pasquale , il quale fu deposto e rinchiuso in un monastero, dove morì nel 692. L’autorevolezza di questo papa portò la “cattedra di San Pietro” alla dignità di una qualsiasi altra monarchia del’epoca. L’egemonia cristiana in territorio italico finì però col rinfocolare antiche ruggini tra l’impero d’oriente ed il popolo romano. Giustiniano II, impensierito dal potere che stava nuovamente assumendo Roma, non tardò a farsi sentire, tramite la convocazione di un nuovo concilio ecumenico a Costantinopoli, rinnovando così la volontà imperiale di imporre anche la volontà teologica. Il concilio fu riunito nel 691 e tenuto nel Quinisextum la stessa sala del palazzo imperiale che nel 680 era stata definita Trullus. Papa Sergio I non fu invitato ed in pratica furono riuniti solamente alcuni vescovi orientali favorevoli ai nuovi fervori imperiali. L’esito del concilio fu la promulgazione di 102 decreti, prontamente inviati a Roma per l’ approvazione papale. Il più importante di questi fu senz’altro il decreto mediante il quale l’imperatore attribuì le stesse prerogative papali e romane al seggio di Costantinopoli. Sergio I rifiutò di firmare gli editti, avendo capito che le fortune dell’impero orientale stavano vacillando. Forse, l’imperatore Costantino II non stava aspettando che questo per inviare l’esercito di Ravenna capitanato dal “Pentarca e protospatario” Zaccaria (nda: per le definizioni vedi i “dogi” di cronologia e la riduzione dell’esarcato in conseguenza all’indipendenza del popolo venetico). La leggenda vuole che l’esercito ravennate sia arrivato a Roma in pieno assetto di guerra ma che gli stessi armigeri si siano uniti invece agli insorti romani. Questo fu sufficiente al feroce Zaccaria per chiedere venia al pontefice che lo preservò dal linciaggio ospitandolo nelle stanze del proprio palazzo in Laterano. La sconfitta di Zaccaria ebbe grandissimo eco e gravissime ripercussioni sullo stesso imperatore che fu detronizzato dal generale Leonzio, mutilato di naso ed orecchie nella pubblica arena ed esiliato nel Chersoneso (penisola della Malacca greca). Roma, con il suo pontefice era finalmente riuscita a riscattare la propria indipendenza dall’impero d’oriente e soprattutto dalle mire di ingerenza teologale. In occidente, fino ai limiti della laguna veneta stavano nel frattempo imperversando i franchi “merovingi” che si stavano autonomamente polverizzando in mille rivoli dovuti alla propria cultura tribale e che sarà quella a dar vita appunto, a mille vassalli, valvassini e valvassori. La grande capacità di Sergio I fu sicuramente quella di aver saputo capire le debolezze di questi “vasi di coccio” e di essere riuscito invece a costruire quel grande “vaso metallico” rappresentato dalla fede cristiana dell’epoca. Tra una crisi e l’altra riuscì inoltre ad arricchire i templi cristiani di Roma da Santa Susanna a San Pietro dove fece erigere un nuovo monumento funebre a San Leone Magno, le cui spoglie furono traslate dal sagrato in basilica. Sergio I si spense il giorno 8 settembre del 701 e fu sepolto a San Pietro al canto dell’ “Agnus Dei” da lui stesso composto. Quale santo viene onorato nel giorno della sua morte. GIOVANNI VI, greco (701-705) Dopo l’ esilio dell’imperatore Giustiniano II, l’insediamento di Leonzio, la defenestrazione di quest’ultimo e l’incoranazione Tiberio Apsimaro fu eletto anche il sostituto di San Sergio: il 30 ottobre del 701 fu consacrato papa il vescovo Giovanni VI di orgini greche. Ancora una volta l’impero d’oriente tentò di ostacolare l’indipendenza romano-cristiana. L’imperatore stizzito dall’ autonomia pontificale ordinò all’esercito bizantino, di stanza in Trinacria (Sicilia), di dirigere su Roma. L’ assedio di Roma fu condotto dal “protosavasta” (condottiero) Teofilatto, il quale travolto dalle sommosse popolari finì per doversi inchinare alle volontà pontificali fino a chiedere la protezione e la benevolenza di Giovanni VI stesso. In effetti, non furono solo le sommosse popolari a vincere l’esercito di Bisanzio, quanto piuttosto l’esercito longobardo che dopo aver invaso l’attuale Campania, sotto la guida di Gisulfo da Benevento aveva in pratica tagliato i collegamenti a sud e a nord della capitale. Un grave errore fu commesso da Giovanni VI, sul piano politico: la volontà di sostituirsi o sovrapporsi all’esarca o pentarca di allora. Infatti, oltre ad aver concesso la protezione a Teofilatto sborsò molti denari o alienò molti territori per la “pax” del longobardo Gisulfo, tra l’ altro ormai cattolico convinto e strenuo sostenitore antibizantino. Il pontefice lasciò così inevitabilmente il campo e le controversie ancora aperte tra oriente ed occidente. Giovanni VI si spense l’ 11 gennaio del 705 e fu sepolto nel sagrato di San Pietro. GIOVANNI VII, calabro (705-707) Figlio di un certo Platone di origini greche, il 1° marzo del 705 salì alla cattedra di San Pietro il vescovo denominato Giovanni VII. Il re longobardo Ariberto, fin da subito dimostrò la propria disponibilità al “Vescovo di Roma” con azioni concrete quali la restituzione di alcuni possedimenti liguri, già lasciti di cittadini romani, depredati durante le invasioni, o merce di scambio durante le alterne vicissitudini. Nel frattempo, ad oriente, il “malconcio e deturpato” Giustiniano II riuscì a riconquistare il trono di Bisanzio con l’aiuto dei bulgari di Tervel. L’odio contro tutto e contro tutti non si fece attendere, nemmeno nei confronti di Roma. Giovanni VII rimase comunque fermo nel respingere le rivendicazioni e le pretese nei confronti dell’imperatore che si rifaceva alle decisioni del pseudo-concilio di Costantinopoli definito come il concilio “Quinisextum” (nda: probabilmente il 56°, tenuto comunque nella sala del “Trullum”). A questo pontefice fu attribuito un rinnovato abbellimento di diverse chiese romane tra le quali spiccò quella di Santa Maria al Foro Romano, su pianta architettonica ottagonale ed una cappella in San Pietro, dove ancor oggi, nelle grotte vaticane vi è conservata una dedica per avervi riposto il “SUDARIO della VERONICA”. Giovanni VII si spense il 18 ottobre del 707 e fu sepolto a San Pietro. _______________________________________________________ SISINNIO, siro (708 ) L’elezione del diacono di origini siriane avvenne il 15 gennaio 708, il suo pontificato durò purtroppo solamente 21 giorni. Morì il 4 febbraio dello stesso anno e fu sepolto a San Pietro. Mentre, l’ egemonia dell’ impero romano d’oriente sotto il tallone delle vendette di Giustiniano II era contemporanea ad una più serena conduzione araba e mussulmana del califfo El Walid di Damasco. COSTANTINO, siro (708-715) Dopo pochi giorni dalla morte del suo predecessore, salì alla cattedra di San Pietro un altro vescovo nativo della Suria (Siria), consacrato il 25 marzo del 708, nel mentre infuriavano le vendette dell’imperatore Giustiniano II, rivolte in particolar modo alle terre dell’esarcato ravennate. Ravenna non fu messa a ferro e fuoco solamente dall’esercito di stanza a nord ma anche dall’esercito imbarcato sulla flotta di stanza in Sicilia e capitanato dal patrizio Teodoro. Le esecuzioni di massa si riconobbero in nomi illustri quali l’arcivescovo Felice, accecato ed esiliato nel Ponto ed il generale Giovannicio che ormai fedele a Roma e capo della resistenza antimperiale finì per essere murato vivo. Papa Costantino, al fine di far cessare ulteriori lutti alla cristianità accettò alla fine la convocazione a Costantinopoli, da parte di Giustiniano II, onde redimere le controversie su alcuni capitolati del concilio “Quisextum”. Il papa fu preso in consegna dalla flotta imperiale di stanza a Porto sul Tevere ( Portus Urbis Romae – a pochi Km a sud della città ed ideato dall’imperatore Claudio) che partì il 5 ottobre del 710. Non appena fatto partire il pontefice, l’esarca Rizocopo ( nda: si erano aggiunti i territori campani, in sostituzione di quelli venetici) ebbe mano libera alle scorribande fino ad arrivare a Roma dove si comportò da tiranno. Costantino arrivato a Bisanzio l’anno successivo, fu accolto da un imperatore “proskyenis” (prostrato, supplicante e genuflesso), ma i risultati non furono concreti: ognuno rimase sulle proprie posizioni. Il pontefice potè far ritorno a Roma il 24 ottobre del 711. Ritrovò una città devastata e saccheggiata dopo il passaggio di Rizocopo che nel frattempo aveva diretto l’esercito su Ravenna dove però trovò la morte a seguito della forte resistenza dei seguaci di Giorgio, figlio di Giovannicio. Quasi contemporaneamente trovò la morte anche Giustiniano II per mano dei sicari dell’armeno Filippico Bardane, il quale non appena insediatosi inviò una flotta di rinforzo contro Ravenna che cadde nuovamente in mano Bizantina. Il neo imperatore dimostrò fin da subito la sua fede “monotelistica” che provocò l’altrettanta repentina chiusura di Roma. Costantino infatti vietò il nuovo conio con la doppia effige sulle monete di zecca romana e abolì la processione a favore dell’intercessione imperiale. La diatriba sfociò in guerriglia aperta: da un lato il dux Cristoforo a difedere il “regno” pontificale di Roma, dall’altra il dux Pietro ordinato da Filippico Bardane. La lotta avviluppò tutta l’urbe con decine di vittime e cessò solamente alla processione guidata dallo stesso papa Costantino per le vie di Roma, accompagnata da stendardi ed immagini sacre. La contrapposizione papale, ovvero il diniego al riconoscimento dell’imperatore provocò sicuramente una rivoluzione non indifferente, considerato che solamente qualche decennio prima accadeva esattamente il contrario. Nel giugno del 713, Filippico Bardane fu spodestato da un suo ministro che si autonominò imperatore con il nome di Anastasio II e che aderì completamente ai dettami del concilio “Quisexstum”. Costantino morì il 19 aprile del 715 e fu sepolto a San Pietro. Tra il 709 ed il 715, anno della sua presunta morte, il califfo Walid I di Damasco fece costruire in Gerusalemme la moschea El Aqsa ( che significa: la più lontana, perchè secondo la tradizione islamica sarebbe il punto più remoto in cui si sarebbe recato il profeta Mohamed). GREGORIO II, romano (715-731) Nativo di Roma apparteneva al rango dei “suddiaconi”( il suddiaconato fu per lungo tempo considerato il primo gradino degli ordini clericali intrinsechi alla Chiesa Cattolica. Il primo rango maggiore al quale veniva richiesto il voto di castità e quindi del celibato. I paramenti di distinzione nella liturgia furono istiutiti attorno al III° secolo ma ufficializzati solo nel XII° e consistevano in una “camiciola” una “tunicella” ed un cordone di tessuto bianco cinto in vita. I suddiconi non potevano portare la “stola” riservata ai ranghi superiori, ovvero dal “diacono” in su. Il rango di suddiacono fu abolito solamente nel 1972, mentre persiste nell’ortodossia greco-ortodossa.) Quindi, ancora una volta fu eletto pontefice: un povero e comune cristiano. Correva il giorno 19 maggio del 715, quando imperatore d’oriente era Anastasio II, mentre la penisola italica era quasi tutta sottomessa al re longobardo Liutprando. Inizialmente il pontificato di Gregorio II sembrò vacillare sotto una serie di contrapposizioni politiche e di dominio. Le contrapposizioni rientrarono comunque grazie alla “diplomazia” che, sulla scorta delle esperienze maturate nei secoli stava facendo diventare il papato un regno temporale. Nel frattempo a Benevento si insediò il duca longobardo Romoaldo II, il quale aveva preso possesso anche di Cuma ( importante ed antica città campana di origine etrusco-romana situata sulla via Domiziana, la cui datazione viene fatta risalire al 730 a.c. – nda: probabilmente l’ odierrna Pozzuoli -), Ancora, nel 717, quando i longobardi stavano sottomettendo le popolazioni in nome e per conto del cristianesimo, imperversando da settentrione verso il meridione della penisola italica, il pontefice disconobbe tale mandato e con un repentino cambio di intenti si rivolse al ” napoletano dux Giovanni” (prima console dell’imperatore d’ oriente Anastasio II e dopo la sua defenestrazione console del suo successore Teodoro), nell’intento di arginare l’avanzata longobarda, probabilmente memore, attraverso la storia, delle loro scorribande accadute tra il 581 ed il 589. Oltre ai citati fatti questo pontefice fu meritorio per la tutela del cosidetto “ceto medio” , nel quale si annoverava la maggior parte della cittadinanza laboriosa, ovvero i mercanti che investivano i propri patrimoni in spedizioni navali e terrestri pur di soddisfare la domanda economica interna. Così come riuscì in qualche modo a tutelare gli interessi delle comunità attraverso la tutela dell’artigianato e la protezione delle arti. Oltre a questo si distinse sicuramente nell’opera di evangelizzazione dei popoli nordici a partire da quelli germanici con la conversione di Teodo e l’incisività patriarcale presso i ” frisoni”, tanto è vero che il teologo e filosofo WINFRITH fu insignito delle più alte cariche ecclesiastiche al fine di ricondurre le popolazioni germaniche sotto le insegne di Roma anzichè ricondurle alla soggezione dell’impero d’oriente. L’attività evangelica però, non fu sempre limpida e spesso si tradusse in aspetti qualche volta devastanti per le popolazioni coinvolte nelle azioni da diverse intrpretazioni, sopratutto quando salì al trono imperiale Leone III. L’intrasigenga bisanzantina, spesso in conflitto con Roma si era definitivamente eretta a sentinella della “porta d’oriente” presso il patriarcato di Ravenna, l’unica insormontabile difficoltà negli interessi ideologici rimase quella del “culto alle immagini”, permessa da Roma e negata in oriente. (nda: in nome di quell’immagine raffigurante l’ Acheropita … vedi cronologia anno…652 ). L’epistolario tra il papa e l’imperatore si presenta ancor oggi molto ricco, nonostante il trascorrere dei secoli, difficile fu come è stabilire le ragioni rappresentate da ambo le parti, proprio per le diverse prerogative sia temporali che teologiche. Certo è che ancora una volta le contrapposizioni temporal-teologiche riuscirono ad innescare un’ulteriore guerra ideologica. Ancora una volta però davanti alla minaccia degli “unni” comandati da re Liutprando, il papa si rimise in cammino per fermare le orde barbariche e come il suo antesignano Leone Magno riuscì nel suo intento, riuscendo a ricondurre a più miti considerazioni sia il re che tutto il resto del popolo attraverso una messa celebrata in campo aperto. (nda: forse la prima). Le truppe bizantine già scese in campo si ritirarono, così come fecero gli unni, lasciando libere le popolazioni sotto l’influenza papale. La realtà storica vuole invece che al di là delle prese di posizione iconografiche o iconoclastiche, molto più terrenamente ci fossero solamente dei giochi di potere per i quali chi ci rimise letteralmente la testa, perchè decapitato fu il duca “Tiberio Petasio”, il quale autoproclamatosi imperatore “tuscio” (nda: quindi dell’ odierna Italia) si dovette scontrare sia con il potere imperiale di Ravenna, governato dall’imperatore d’ oriente, sia con quello itinerante dei longobardi, degli unni e dei visigoti i quali ogni tanto riuscivano ad eleggere un’unico presunto re, rivendicando ora il presidio di Ravenna, ora quello di Rimini oppure quello di Eraclea. Dimenticando spesso che Roma ed il suo pontefice si stava mano a mano organizzando anche con un proprio esercito ma, contando soprattutto sulle forze alleate di esercitici intrinsechi alle piccole o grandi signorie feudali, ormai completamente o parzialmente sganciate da una o l’altra potenza militare. Gregorio II morì il giorno 11 febbraio del 731 e fu sepolto in San Pietro. A Bagdad imperava con poteri teologali e temporali il califfo Suleimàn. GREGORIO III, siro (731-741) Figlio di Giovanni, di origini siriano divenne da prima diacono poi prete ed infine cardinale di S. Crisogono in Roma. L’uso del cambio onomastico rispetto alla propria discendenza stava però scombinando i riferimenti. Inizialmente, volendo continuare l’opera del suo predecessore sembra si sia imposto il nome generico di Gregorio, che divenne poi Gregorio iunior, e poi Gregorio iunior tertius per distinguere il pontificato dagli altri predecessori. La leggenda vuole che da Gregorio III in poi si sia iniziato a far seguire il nome da un numero ordinale, qualora vi fosse una omonimia nel sussegursi del seggio. Questa pratica divenne comunque uso comune nei casati regnanti ( nda: la precisazione deriva dal martirologio di Adone – IX sec.) Gregorio III fu insediato il 18 marzo del 731. L’imperatore d’ oriente Leone III fece immediatamente confermare la sua adesione nella speranza di avere più modo di convincimento nei confronti del nuovo eletto, di quanto non fosse riuscito con il suo predecessore. Così non fu. Il nunzio apostolico Giorgio di ritorno da Costantinopoli con l’epistolario che non volle consegnare all’ imperatore fu rispedito dal pontefice da dove era venuto. Il prete, tentando di assolvere il proprio compito, fu intercettato dalle milizie imperiali appena sbarcato in Sicilia e condotto dal dux imperialis fu arrestato. Le diatribe iconoclastiche si stavano tramutando in vere e proprie guerre di pensiero e da qui in poi anche in vere e proprie guerre “guerreggiate”. (nda: inizialmente l’iconoclastia avrebbe voluto imporsi solo esclusivamente sul divieto di rappresentare una qualsivoglia forma di Dio, ovvero l’ Acheropita = vedi Cronologia anni 222-236, in particolar modo quando questa volesse raffigurare un volto umano, per poi finire in un bando totale di ogni forma vivente, un pò per contrapporsi alla “Simonia” di Bibblica memoria ma forse, di più, per non sostituire le effigi imperiali con anonimi cristiani benemeriti definiti “santi” all’interno della loro comunità che stava vieppiù crescendo.) In contrasto con le teorie iconoclastiche orientali e contro la perpetua volontà di imporre le decisioni imperiali, Gregorio III convocò un’ulteriore concilio di Roma da tenersi in San Pietro. Il Concilio convocato il 1° novembre del 731 concluse la sua opera condannando definitivamente l’iconoclastia attraverso un decreto di scomunica per coloro i quali non intendessero esercitare il cristianesimo così come veniva inteso dai padri della Chiesa e dallo stesso pontefice. A trasmettere le decisioni conciliari all’mperatore fu inviato Costantino, ” defensor civis” , il quale non riuscì però ad andare oltre la Trinacria, dove fu arrestato. D’altro canto la preoccupazione imperiale si stava rivolgendo sempre di più alle entrate erariali e sempre meno a quelle “spirituali”, pertanto ben accette furono le suppliche sottomissorie ebraiche, mussulmane e cristiano iconoclastiche. Nel mentre con uno speciale editto Leone III spogliò la Chiesa Cattolica di tutti i possedimenti siciliani e calabresi con l’aggravio di 35.000 pezzi d’oro quale tassa annuale per la coltivazione ed il mantenimento di quelle terre. Le contrapposizioni tra l’ impero d’oriente ed i regni occidentali di goti, visigoti, longobardi e franchi si stavano comunque acuendo sino a far precipitare la penisola italica nel caos più totale. Nel 732 fu la volta degli scontri tra i franchi di re Carlo Marlo Martello con i longobardi di re Liutrando ed ambedue contro l’avanzata araba in Europa, conclusasi con la battaglia di Poitiers. Raffredate le scorribande, Gregorio III, grato per gli esiti tentò un’umana mediazione. Nel 738 gratificò la Chiesa bavarese attraverso il nunzio Bonifacio, in maniera da rabbonire Liutprando. Nel 739 trovò l’alleanza di Carlo Martello al quale, nel 741 inviò le chiavi di San Pietro, nominandolo di fatto, “tutore e custode armato del cattolicesimo”. Non è dato sapere se Carlo Martello avesse accettato questa nomina, così come non sono date in conoscenza altre vicissitudini. Gregorio III morì il 28 novembre del 741 e Carlo Martello nemmeno un mese dopo. Il pontefice fu sepolto nell’attuale “oratorio Vaticano” , dove ancor oggi è affissa una lapide, ma al di là del martirologio di Adone, non è più annoverato nei santi da venerare, per la Santa Romana Chiesa. Le scorribande arabe contro gli insediamenti imperiali d’oriente ed i regni d’occidente, in questo periodo furono condotte direttamente dai califfi di Damasco: Yazid II (720-724) ed Hisham I (724-743). ZACCARIA, calabro (741-752) Nativo di Santa Severina in Calabria, ebbe origini greche come la stragrande maggioranza di quelle popolazioni o forse più probabilmente troiane come vuole la tradizione venetica. La sua consacrazione avvenne il 10 dicembre del 741, quando ancora rimanevano irrisolte le pretese dei longobardi di Liutprando, quelle dei franchi di Pipino il Breve e di suo fratello Carlomanno, succeduti al padre Carlo Martello mentre, il nuovo imperatore d’oriente Costantino V, sulle orme del suo predecessore, continuava a rivolgere le sue attenzioni all’oriente ed alle sue carovane che da lì provenivano. Il pontefice, attraverso i caotici avvenimenti, già per altro ereditati tentò comunque di ristabilire una qualche sembianza patrimoniale che escludesse le rivendicazioni di chicchessia. Nella primavera del 742, San Zaccaria riuscì , attraverso la sua magnifica eloquenza e mediante un lauto pranzo offerto all’esarca di Ravenna Eutichio, al pentarca della dominazione longobarda nel meridione della penisola italica ed allo stesso re Liutprando , a conquistare i cuori ed i portafogli dei commensali. Tra il 744 ed il 749 rientrarono in possesso della Chiesa romana possedimenti di vastissime dimensioni. Qualche esempio può essere così rappresentato: – Basilica di San Valentino a Terni, con tutti i suoi tesori; – Orte, Ameria, Bomarzo, tutta la Sabinia, Narni ed Ancona con tutte le pertinenze di Osimo, Numana ecc… Storicamente, la sagacia del pontefice Zaccaria stabilì un “modus operandi e vivendi” della Chiesa romana che la vedrà da qui in avanti non più martire e teologica ma “teocratica” per molti secoli futuri. Tra il 744 ed il 749 ci furono parecchie alternanze sui troni longobardi e franchi ed una serie di morie tra gli esarchi, pentarchi ed emissari imperiali. Una nota per tutte deve essere riportata quando, morto Liutprando, nel 744 il trono passò a Ratchis, duca di Udine che nel 749 si fece monaco a Montecassino e di conseguenza al fratello Astolfo il quale, assunse il regno di Comacchio, Ravenna e Ferrara . Nel 751, iI franchi di Pipino “il Breve”, ormai condizionati dalla politica pontificale finirono per detronizzare Childerico III, effettivo re delle sue popolazioni . Il pontefice Zaccaria, a tal proposito affermò che (come riportato dagli “annales francorum”) “…è preferibile che il titolo regale rimanga in possesso di colui il quale effettivamente detiene il potere…” (nda: che tradotto nell’odierno linguaggio potrebbe assomigliare ad una locuzione del senatore Giulio Andreotti = il potere logora chi non ce l’ha!). Zaccaria fu comunque un fervido sostenitore della lotta contro le apostasie e dell’iconoclastia. Riformò la disciplina ecclesiastica e diffuse la fede in Albione (Inghilterra). Si occupò inoltre dell’evangelizzazione nelle terre dei Vandali (Germania) . Iniziò a gettare i basamenti della futura biblioteca Vaticana. In maniera evangelica si recò egli stesso a Soissons (Francia, o Gallia transpadana ) per insediare sul trono di Francia Pipino “il Breve” . Nel frattempo riuscì a tradurre in greco quasi tutto l’epistolario ed i dialoghi di papa San Gregorio Magno . Si spense il 22 marzo del 752 e fu sepolto in San Pietro. Una qualche traccia ricorda la sua santità nella ricorrenza del 15 marzo, anche se la Chiesa cattolica non annovera più il suo nome tra quello dei santi. Dalla parte Islamica i califfi plenipotenziari si succedettero in maniera vorticosa, prima a Damasco (OMEYAS) con : Al Walid II (743-744), Yazid III (744), Ibrahim (744), Marwan II ( 744- 750). Poi ad ABBASSIDAS (Bagdad) iniziando con Abul Abbas al Saffah ( 750-754). STEFANO (II – ?) , romano (752-752) Alla morte di Zaccaria avvenuta il 22 marzo 752 è succeduto il prete romano Stefano. Roma aveva impellenti necessità di qualcuno che regesse le proprie stesse sorti, stanti le pretese e le scorribande da parte di quasi tutti i condottieri ormai stabilitisi nella penisola italica con le proprie popolazioni. Pertanto sembra che la stessa notte della morte di Zaccaria sia stato eletto Stefano, il quale prima ancora di aver ricevuto l’investitura lasciò le proprie spoglie su questa terra solamente dopo tre giorni, infatti morì il 24 marzo dello stesso anno. Nel mentre non fu riconosciuta la sua celebrazione dai propri contemporanei, egli fu iscritto invece nel liber pontificalis, ingenerando una qualche confusione nella numerazione papale. Le necessità dell’epoca, già sopra descritte, portarono comunque ad una altrettanto velocissima elezione : quella di Stefano II. Nelle terre dei veneti la situazione permaneva estremamente ingarbugliata anche con il doge Diodato Orso Ipato, così come permaneva, del resto, in tutta la penisola italica. |
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